E’ Solo Tuo

E' solo tuo

 

A gennaio Domitilla pubblica questo post sulla sua routine quotidiana in famiglia, un post che dovrebbe testimoniare a se stessa e agli altri che tipo di madre è.

Se lo domanda pure, nel titolo e in chiusura: sono una brava mamma?

Io non lo so se sei una brava mamma: certo è che anche io vorrei avere la tua sincerità, e non tanto nel dirle, ma nel farle, le cose per me.

Non è sull’essere una brava madre o meno ciò su cui sto riflettendo dall’alba di oggi, svegliata dal rumore battente della pioggia a cui, nonostante tutto, non sono ancora abituata: il tema al centro dei miei pensieri sono io, senza ruoli, io e il valore che do a me stessa.

Non ho bisogno di andare in analisi per sapere che il valore che do a me stessa è molto basso, che nell’elenco delle mie priorità sono sempre in coda, che se qualcuno è ingiusto nei miei confronti tendo a trovargli una giustificazione, che se mi arrabbio per un motivo valido cerco subito di dimenticarlo, che se ho un bisogno egoistico da soddisfare so benissimo come soffocarlo.

Risparmio il tempo e i soldi per l’analisi anche per la ricerca delle cause per cui sono così: le conosco, dipendono in parte dal tipo di educazione ricevuta e dagli esempi in famiglia, in parte dalle esperienze vissute e dalle persone incontrate in momenti cruciali della mia vita.

Sono le stesse per cui il bisogno che ho di essere amata ed accettata è così forte che talvolta mi ha fatto percorrere strade che si sono dimostrate essere poco costruttive, se non distruttive.

Comunque in analisi ci sono stata, diversi anni fa, per diverso tempo: e queste cose sono uscite piuttosto bene. Come il fatto che mettere il proprio valore in quello che gli altri vedono e pensano di te è sempre uno sbaglio. Però lo faccio, l’ho fatto e lo rifarò di nuovo. Consapevolmente.

In analisi, sono uscite anche le mie personali soluzioni costruite nel tempo per fronteggiare questa mia tendenza a sottovalutarmi: si tratta di vette di sopravvalutazione che riesco a toccare da sola e che riempiono gli spazi di vuoto e di difficoltà che in altri momenti mi creo. E sistemi di difesa che riesco a mettere in atto contro me stessa con un discreto successo, dall’immaginarmi una quercia secolare (ho una passione per gli alberi che manco un botanico) al parare e rimandare al destinatario ogni palla avvelenata.

Una persona risolta, c’era scritto da qualche parte. A modo suo, aggiungo sempre io.

Che poi i modi possono cambiare nel tempo, prendendo spunto dalla vita.

Ad esempio: tra i tanti commenti al post di Domitilla di cui dicevo in apertura c’è quello di tale Malmostos che riporta una storia che ho riletto in questi mesi diverse volte. Questa storia racconta di Rosi, cinque bambini, vedova e disoccupata. E’ così bella che la trascrivo qui.

Rosi tirava avanti con lavoretti saltuari, viveva in una vecchia cascina sistemata alla meglio, riceveva un magro sussidio dal comune. Delle novecento anime che popolavano il paesino, metà (o forse un po’ meno) l’aiutava con i vestiti smessi dei figli, la chiamava a pulire le scale, le faceva arrivare una dozzina di uova.

L’altra metà (o forse un po’ di più) la osservava da dietro le finestre quando passava col suo vecchio Ciao sgangherato, chiedendosi cosa andasse a fare al vecchio casello ferroviario nel bosco, luogo di camporelle noto a tutti. Magari a racimolare facilmente dieci mila lire.

I bambini erano un po’ spettinati ma sempre puliti e decorosi. Il 21 arrivava il sussidio: lo sapevi perché quel giorno, cascasse il mondo, la signora Rosi si sedeva alla pasticceria con i suoi cinque piccoli davanti a sei gelati con panna e ciliegine.

Quanti giorni di spesa avrebbe fatto la signora Rosi con quelle venti mila lire spese in affogati al cioccolato? In tanti la criticavano.

Allora, come oggi, penso che la signora Rosi sia stata una brava mamma. Perché anche per un solo giorno al mese faceva sentire i suoi bambini come i re del mondo, con quelle coppe gelato immense sul tavolino della pasticceria dove appoggiavano gomiti eternamente rattoppati, Barbie senza un braccino, scarpe lise.

Quei gelati erano l’amore di una mamma che diceva “questo è vostro”.

Non importa quante volte tu possa sederti al tavolino a mangiare un mega gelato. Ma quando lo fai, la tua bambina sa che la sua mamma le sta dicendo: “è solo tuo”.

 

Non festeggio i miei compleanni, cerco di uniformarmi ai paesaggi che attraverso, tendo a compiacere chi si rivolge a me anche solo per chiedermi come sto.

Quanto non posso vivere scrivo, anche se vorrei solo avvolgermi in un velo per creare un bozzolo e infilarmi in un posto immaginario come quello della foto, quella là in alto, per uscirne solo quando sarò diventata una farfalla, bellissima come vorrei essere.

Ma visto che i luoghi immaginari esistono solo nella mia mente e nelle mie storie e che io, in fondo, sono già una bellissima farfalla, mi siederò ogni tanto a un tavolino, con la mia coppa di gioie e speranze davanti, regalandomi un momento solo mio.

 

24 pensieri su “E’ Solo Tuo

  1. ciao Grazia,
    sai che siamo tutte brave mamme, vero?

    hai provato a vedere qualche puntata di Mamma Imperfetta su Corriere.it?
    io, in alcuni pezzetti mi ci sono pure riconosciuta (anche se forse sono abbastanza vaccinata ai sensi di colpa): non si può davvero far tutto e tutto bene, non siamo multitasking (smettiamola pure di dirlo), ma tutte dovremmo imparare a chiedere un aiuto (in casa, sul lavoro…), mica per noi sole

    anzi, se mio marito si occupa della bambina mica aiuta me, aiuta lei (e noi)

    a vederla così non ci sentiremmo mai più in colpa, neppure poco

    che ne pensi?

    • Ciao Domitilla,
      non ho ancora visto la serie, ma solo perché non ne ho ancora avuto il tempo.

      Ieri una collega è entrata entusista da me dicendomi: guardala subito, almeno la prima puntata, fallo per te.
      Ecco, giuro che oggi la guardo.

      Lo so che le cose possono diventare leggere, che io posso diventare leggera, è che ogni tanto me ne dimentico, e mi lascio tascinare giù dalla pesantezza, come se avessi preso troppa pioggia con troppi vestiti addosso.

      Grazie per i tuoi pensieri

  2. al momento cerco di gestire questa lacrima che fa capolino, in luogo poco opportuno.
    Poi ti rileggo di nuovo e con calma, perché é bellissimo quello che scrivi e riporti
    Grazie

  3. grazie per il tuo racconto, grazie per la storia di Rosi. . . . . altro che “qualche lacrima” (!!!) mi sono veramente emozionata.
    io mi sono persa un bel pò di cose dei miei figli: ho lavorato fino al giorno prima e una settimana dopo il parto ero già al lavoro. Sentivo di doverlo al padre meraviglioso che ho e che aveva bisogno di me.
    Ora, complice la crisi, mi sono chiesta seriamente se girare come un frullino per i risultati ottenuti sia valsa la pena: per i risultati economici no, per quelli di crescita e umani non so dirlo.
    So che quando trascorro qualche momento in più con i miei figli si accende una luce nei loro occhi, quasi come alla mattina di Natale. E il mio obiettivo è diventato quello di conciliare meglio gli affetti e i doveri verso i miei cari. I piccoli progressi che ho fatto in questo senso mi fanno stare tanto, tanto meglio.
    grazie ancora
    c

    • Grazie per i tuoi pensieri, sono certa che troverai le risposte e le soluzioni per la tua conciliazione.
      In tema di conciliazione famiglia-lavoro ho imparato che non esistono ricette buone per tutti: ognuno deve trovare la sua.
      Certo, se qualcuno condivide con te il peso dovrebbe risultare più facile!

      Grazia

  4. Io ti adoro per come sei, per quello che scrivi e per come lo scrivi.
    Ho sempre pensato tu fossi una bellissima farfalla.
    Abbi sempre cura delle tue ali.

    Ti voglio bene.

  5. Io non ti conosco ma, da quando ti leggo, ti riconosco e, a volte, riconosco anche me stessa.
    La tua lucida e spietata analisi più che a una persona risolta fa pensare a una persona in evoluzione, che vede dove e quali sono i traguardi ma se ne sente ancora lontana…
    Anche imparare a volersi bene è una strada lunga e impervia.
    Buon cammino, Grazia, magari su quella strada ci si incontra
    Lu

    • Ciao Lu,
      in poche righe hai colto il significato profondo delle mie inquietudini.
      Grazie per l’augurio che rilancio: se sul quel cammino c’è qualcuno che sta facendo la tua stessa strada, magari il passo sarà più leggero.

  6. Pingback: Sono una brava mamma? | ognigiornotuttigiorni

  7. ti sei descritta in una sedia-nido e poi in un’altra sedia, dove guardi il modo passare, ti riposi e te la godi. non passo da un po’ di qua perché so che trovo sempre contenuti profondi che meritano tempo e concentrazione (che al momento non ho). ora mi faccio ronzare in testa le tue parole, le tue sedie e quel velo leggero. “Quando non posso vivere scrivo”, dici. Mi interrogo da molto se ci sia una vera separazione tra i due mondi e ho risposte differenti secondo i giorni, gli umori, gli incontri. Oggi ti direi che no, non c’è crasi, scrivere non è fuga. Ma come ti dicevo, lascio andare un po’ il ronzio… a presto

  8. Tu sei semplicemente una persona meravigliosa.

    Gestire le emozioni intense, come la rabbia o la tristezza o magari il senso di colpa, è difficile e i meccanismi che funzionano per tanto tempo dopo un po’ vanno cambiati, perché si usurano come tutte le cose.

    Ti abbraccio forte
    Cate

  9. Pingback: Piccoli tesori sparsi per la rete – giugno

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