Parlar d’Amore

IL MISTERO DELLA DOMANDA: VERRESTI?

parlar d'amore con Italo Calvino

 

Sto leggendo l’epistolario di Italo Calvino raccolto in un volumone edito da Einaudi (e chi altri?) e intitolato I libri degli altri.

Mi emozionano, queste lettere, ci ritrovo il filo di molti storie lette, di molti autori amati. Ne parlerò, di queste lettere.

Mi sono ricordata che su Calvino, in rete, esiste un piccolo mistero relativo alla paternità (sua o meno) di un brano che, effettivamente, è bellissimo. Ma non so se a parlar d’amore è Calvino o qualcun altro che non so chi sia.

Alcuni siti dicono essere tratto da Gli amori difficili, altri da Prima che tu dica pronto. Altri che non sia di Calvino. Io non l’ho trovato nelle due opere citate e non lo so se sia di Calvino o meno, ma lo lascio qui per chi lo vuole leggere; magari mi aiuta a sbrogliare il mistero.

Non importa cosa so. Per la prima volta, non importa. Non so da dove vengono o come si chiamino e non potrei spiegarle a nessuno eccetto te, con un po’ di tempo, con un po’ di pause, con quei silenzi che non saprei riempire, all’inizio.

Ma potrei imparare. Sono un pessimo romantico, lo ammetto. È per questo che non sono riuscito a farti innamorare. Lo so che è così. Ho immaginato che potessi bastare io, con i miei modi normali e l’aria spavalda. Fintamente sicura. E del tempo, per spiegarti quello che manca, per farti vedere che ne sarebbe valsa la pena, alla fine.

Ho provato, che dire, a farmi scegliere. Ho sperato. Dovevo. Era una possibilità, capisci? Come fare a metterla via, a dimenticarla. Forse aspettando, forse non era il momento. Forse io e te abbiamo un altro tempo. Sono sicuro che con qualche giorno in più, ora in più, ti avrei portato via con me.

È l’idea che almeno una volta succeda, no? Hai presente? Quell’idea invasiva e sotterranea che si inabissa o si palesa e lo fa una volta sola per tutte e se l’avverti non puoi far finta di niente se hai un po’ di senno. Come un sibilo fluttuante e sinuoso.

A me è successo questo: non sono riuscito a fare finta di niente, non volevo, in fondo. Non potevo far altro che cercare di portarti con me, dal profondo, per egoismo quasi, per farmi stare bene. Anche se sapevo di non potere. Anche se era rischioso. Anche se tu non vuoi, anche se, infine, la tua felicità non dipende da me.

E non posso fare a meno di chiedertelo di nuovo. Solo per essere sicuro. Verresti?

 

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