La Finestra

Finestra

 

Questa che vedete riprodotta qui sopra si chiama schema o finestra di Johari.

L’ho fedelmente riprodotta ieri mattina nel corso di una riunione con l’HR della mia azienda. Non esiste nessun signor Johari, la finestra si chiama così perché i due inventori facevano di nome JOseph e HARry.

Concettualmente, la finestra è da riferirsi all’ambito della comunicazione e delle dinamiche di gruppo: ogni relazione può essere inserita in una delle quattro caselle a seconda dell’incrocio di due dimensioni a seconda che un item sia noto ad altri o noto al riferimento (il sé).

In alto a sinistra c’è la dimensione del noto: ciò che io ho palesato di me e che gli altri conoscono, e ciò di cui sono pienamente consapevole di essere.

Sempre in alto, lì vicino ma a destra, si trova il cieco, ossia quel che io non so ancora di me stesso ma che gli altri in qualche modo hanno già scoperto di me.

Sotto al cieco, in basso a destra, c’è una zona buia buia che ricomprende ciò che io non so ancora di me e che manco gli altri hanno mai avuto modo di scoprire: si chiama infatti ignoto.

E subito di fianco, verso sinistra e sempre in basso, c’è la zona d’ombra, quel che io so di me stesso e che tengo così nascosto che gli altri non hanno mai visto (nascosto, appunto).

Ora in questa finestra io sono incappata in un incontro finalizzato a spiegare come dare e ricevere feedback, ma ho pensato che alla fine può servire come metro di valutazione di molte cose nella vita di ognuno, nella mia per prima. Mi chiedo: cosa metto nella mia identità sociale? Cosa non ho ancora capito di me e che pure gli altri hanno già visto? Cosa tengo segreto, per me soltanto? E soprattutto cosa scoprirò di me, prima o poi?

Quei perimetri, quelle linee sottili che dividono i quattro riquadri, dove mi porteranno?

Ieri sera ho visto Room: è un film bellissimo, e qui potete trovarne una recensione per decidere se vederlo, questo film, ché è bello ma mica semplice.

In Room si parla di tante cose, si parla di Joy, di Jack, di maternità come atto creativo (attesa, nascita, crescita, scoperta, distacco, guarigione, rinascita), di inizi. E si parla soprattutto di lati, di confini, di perimetri, di quel che sta dentro e quel sta fuori da queste linee e da questi confini: di quel che è noto, nascosto, ignoto, cieco.

Anche in Room c’è una finestra: è un lucernario dal quale è possibile vedere un pezzetto di cielo. E’ la finestra che ti ricordi per prima, ma in realtà ci sono anche le finestre (a tutta parete) della camera di ospedale che ospita madre e figlio, e le finestre (con tende) della casa dei genitori di lei.

Tante, tante finestre. Per non dimenticare un ulteriore contrasto: quello tra l’anelito verso l’altro e l’altrove a cui si tende quando si è costretti dai limiti, in prigionia, e la sensazione di perdere sé stessi che si prova quando si verifica la mancanza di confini, la libertà.

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Un piccolo appunto per la scrivente: questo è il tuo cinquecentesimo articolo per ToWriteDown. Non metterci una vita a scriverne altri…

Chi ti Credi di Essere? di Alice Munro

Chi ti credi di essere di Alice Munro

 

Sto preparando le valigie per le vacanze.

Per il secondo anno, saranno vacanze lunghe lunghissime. Tra i miei bagagli c’è la solita sacca per i libri: lo scorso anno ne avevo portati tanti, ed era stata una vera soddisfazione, una bella dose di energia che mi ha accompagnata per tanto tempo.

Nella sacca per ora ho infilato solo tre volumi: Mr Mercedes di Stephen King (una bella e corposa storia raccontata dal maestro solitamente serve per alleviare il viaggio), Gli amori difficili di Italo Calvino (che rileggerò a distanza di una ventina d’anni) e Danza delle ombre felici di Alice Munro.

E’ indubbio: io in vacanza senza Alice non riesco ad andare. Continua a leggere

Lettura come Cura

E AUGURI A TUTTI I PAPA’

Lettura come cura

 

Era dovuto in queste ultime settimane dedicare un po’ di tempo alla lettura di albi illustrati in cui il papà svolge un ruolo da protagonista.

Della nostra selezione (che è riassunta in foto) scriverò in coda: mi preme prima condividere una rilfessione nata su Facebook e che qui riporto.

Tutto parte da una mia considerazione: Pietro, è oramai indubbio, preferisce la mia voce narrante a quella del padre. Continua a leggere

La Ragazza dallo Scialle rosso

La ragazza dallo scialle rosso

“Questo è il mio fratellino!” diceva Siri alla signora dietro il bancone della pasticceria. Lo diceva alla signora della pasticceria. Lo diceva anche alla signora del supermercato. Lo diceva tutte le volte che poteva. Il fratellino. Il mio fratellino. E poi gli teneva sempre la mano, stretta, lui si lamentava, le diceva stringi troppo, Siri, mi fai male, e allora lei stringeva ancora di più e si voltava a guardarlo, con il grosso berretto grigio, e rideva e diceva, devi sopportare, i fratelli più piccoli devono sopportare che le sorelle maggiori li tengano troppo stretti per mano, ma quando ci sediamo davanti alla cioccolata ti lascio andare, non posso mica tenerti per mano mentre la bevi, e allora Syver rideva e diceva no, non possiamo bere la cioccolata se ci teniamo tutto il tempo per mano.

La ragazza dallo scialle rosso di Linn Ullmann, da cui è tratto questo brano, è uno dei tredici libri incontrati in questo 2015, un anno che è stato così generoso che ho voglia di ringraziarlo fin da ora che è solo il 6 marzo.

Linn Ullmann è una mia vecchia conoscenza. Di lei avevo già molto amato Prima che tu dorma.

Se fossi in voi la leggerei, prima o poi, perché è un’autrice che sa trasformare il quotidiano in straordinario, come scrive di lei un quotidiano tedesco.

Mica male saper far questo.

Punto e Virgola: la Lezione di Marco Malvaldi

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Ho letto cinque libri dall’inizio di quest’anno: uno è Argento Vivo di Marco Malvaldi.

Io non conosco Malvaldi e Argento Vivo è finora il suo unico romanzo che ho letto.

E’ divertente, scanzonato, leggero, ben scritto. Un mix ottimo.

E contiene una piccola lezione sull’uso della punteggiatura.

Eccola qui.

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