E SU COSA E’ UN CENTRO ESTIVO
Luglio per me, come per tanti, significa sofferenza in ufficio (perché le vacanze sono ancora lontane) e insofferenza a casa (sempre per via della vacanze che sono ancora lontane).
Da quest’anno significa anche estrema difficoltà ad entrare in sintonia con un bambino nella sua ultima estate pre primaria che, in un momento di follia, ho iscritto a un centro estivo polisportivo dove sono accolti figlioli dai sei ai quattordici anni.
Il centro estivo di Pietro non è diverso dai molti centri estivi che brulicano l’Italia nel corso dei lunghi (lunghissimi per chi lavora) mesi estivi: son posti smaniosi, irrequieti, pieni di cose da fare, cose che si sovrappongono in pianificazioni millimetriche in posti in cui si passa nel giro di mezz’ora dalla parete da arrampicata alle prove di scherma, dal laboratorio per il riciclo creativo ai giochi con le pistole d’acqua, magari facendo, nel frattempo, il pane.
Il tutto normalmente si svolge in palestre o campi da atletica o prati con quaranta gradi sonoramente rallegrati da grida, canti, parlottii continui dei campisti, coloro che abitano per ore e ore questi campi estivi.
Il campo estivo di Pietro ha la particolarità (ma di certo non l’unicità) di essere un posto ibrido, uno di quelli chiamati ad accogliere la semicompleta evoluzione dall’infanzia all’adolescenza: si va dai bimbi di sei anni che il mese prima facevano l’ovattata scuola dell’infanzia ai ragazzi che il mese dopo inizieranno il delirio delle scuole superiori.
E tu, madre fiaccata dai quaranta gradi continui, tu donna wannabe manager senza ferie su cui contare, tu essere femminile che un tempo eri ben pettinata, tu arrivi e vedi l’educatore che si occupa di insegnare ai campisti i primi (e forse gli ultimi) rudimenti di rugby e sgrani gli occhi utilizzando le ultime energie che credi ti restino. E’ lì, il ragazzone con le spalle larghe e il sorriso tranquillo, lì in mezzo al campo infuocato ed è lì che esercita tutti i suoi compiti, tutti insieme: con la mano sinistra tiene la manina di un bimbetto di sei anni, con la destra ferma la corsa di un ragazzino di undici, girando la testa di lato cerca di schivare le avances di una ragazza di quattordici.
E’ tutto lì: lui, il ragazzone multitasking è il cuore del campus estivo.
Mio figlio in quel centro estivo sta iniziando a capire che il mondo è vario e differenziato: c’è qualcosa che gli piace di più di quel che aveva conosciuto finora – come la sensazione di libertà, libertà da quasi tutto, libertà dalla vita stessa – e c’è anche quel che gli piace meno, molto meno – vedi dispetti, rincorse, piccole baruffe e atti di prepotenza.
E poi ci sono le cose che iniziano a piacere molto a me, come le conversazioni che ci facciamo io e Pietro in auto lungo il percorso casa centro estivo e viceversa. Conversazioni che sembrano banali, ma non lo sono affatto: come può infatti essere banale una conversazione che anela all’infinito?
Mamma, ma i numeri sono infiniti?
Certo, amore mio.
Ma infiniti infiniti?
Sì, topolino. Infiniti come lo spazio.
(Silenzio. Quando c’è un interludio silenzioso c’è da aspettarsi di avere sbagliato qualcosa)
lo spazio non è infinito, mamma.
Pietro, ti assicuro (mia espressione tipica) è infinito.
E no mamma: a un certo punto lo spazio finisce e inizia il legno.
Ci ho messo alcuni giorni ma poi l’ho capita. Se non la capite non dubitate delle vostre capacità cognitive: semplicemente non siete sua madre.
Stessa esperienza, ma con bimba di 8 anni che già bazzica da molto i centri estivi. Quest’anno la novità è stata il primo pernottamento fuori… Poi ce la spieghi quella del legno?
Ho la netta impressione che le bambine siano in grado di gestire le situazioni di sovraffollamento e diversificazione anagrafica decisamente meglio.
Il legno è un mistero presto scoperto: per Pietro lo spazio è un concetto più applicabile a una stanza che all’universo. E una stanza molte volte finisce (e inizia) con una porta o una finestra. Di legno, appunto…
Un abbraccio alla tua bimba!
❤ ❤ ❤
🙂
Il pragmatismo (infinito e bellissimo) dei bambini!
Ciao ! Anche Luca ha avuto il periodo del “ma i numeri sono infiniti mamma?” … E anche lui passa molte settimane estive ai vari grest e centri estivi … Siamo tutte nella stessa barca ! Baci