COME SVILUPPARE IL PROPRIO IO CREATIVO: ALLENAMENTI #38
Terzo step per migliorare la propria capacità di essere ricettivi: dopo avere imparato a porsi in ascolto e ad evitare i perfezionismi, è giunto in momento di imparare a correre rischi.
Comincio con una frase che viene attribuita ad Agnes de Mille, ballerina e coreografa newyorchese degli anni del dopoguerra (e oltre):
Vivere significa non essere sicuri, non sapere che cosa viene dopo e come. Nel momento in cui si sa come fare, si comincia a morire un poco. L’artista non sa mai completamente, tira ad indovinare, può sbagliare, ma continua a fare un salto dopo l’altro, nel buio.
Julia Cameron scrive a ragione che per afferrare a pieno la propria creatività è necessario uscire dal pensiero e dai processi mentali ripetuti per risolversi ad agire.
Che poi, tradotto in pratica, è un po’ quel che consiglia per la settimana in corso l’oroscopo di Donna Moderna ai nati sotto il segno dell’Aquario, come me: iniziate a darvi da fare, che non significa impegnarsi nelle solite lungimiranti programmazioni, ma proprio rimboccarsi le maniche e mettersi al lavoro.
Lo so, è uno di quegli accostamenti balordi che faccio di tanto in tanto, ma questo funziona, il concetto arriva chiarissimo.
Quando si passa dalla programmazione all’azione, dall’idea per un racconto alla stesura dello stesso (parlo di me, della mia passione per la scrittura, ma vale per tutto, anche per la sistemazione della libreria o del ricettario), quello che ci viene incontro è l’idea che sicuramente lo faremo male, o meglio, lo faremo peggio degli ottimi esempi che ci vengono subito in mente.
Parlando nuovamente di me: non penso certo ai primi zoppicanti racconti di Čechov, io, penso solo a meraviglie come La signora con il cagnolino, oppure a La steppa, Il monaco nero, La moglie. Che poi, diciamoci la verità, avrà mai scritto racconti zoppicanti, Anton?
Fatto sta che per fare qualcosa, per fare bene qualcosa, è molto difficile non passare attraverso un processo di miglioramento, che prevede anche errori, che richiede anche il fatto di farla male questa benedetta cosa, prima di arrivare, tentativo dopo tentativo, a una sua versione buona.
In sintesi, occorre correre il rischio di sbagliare, di fare uscire qualche obbrobrio, di partorire qualche sciocchezza. Non provarci, non rischiare, restare ancorati alle proprie sicurezze comporta un prezzo molto alto: quello di non evolversi, di non ampliare i propri orizzonti.
Vale la pena rischiare unicamente per rischiare?
Ne La via dell’artista ci sono diversi esempi di artisti reali e di personaggi immaginari che si sono trovati nelle condizioni di doversi mettere in gioco: tra tutti, mi ha colpito un esempio tratto da un film che amo molto, Toro scatenato. Il fratello (e manager) di Jack La Motta spiega al pugile perché a suo parere dovrebbe perdere peso e sfidare un avversario sconosciuto, perché dovrebbe correre il rischio di rimettersi in gioco. Usa parole semplici ma dirette:
– Quindi fallo. Se vinci, vinci. E se perdi, vinci.
Ecco perché sì, vale la pena rischiare per rischiare: perché in qualsiasi caso ci si sta mettendo in gioco, si stanno espandendo i propri confini, ci si inizia a conoscere meglio e questo dà forza, potere, aumenta la stima e l’energia.
Confrontarsi con se stessi in un campo ha effetti benefici che si estendono anche in altri campi: provare ad allenarsi per fare una maratona offre energia per scrivere una sceneggiatura, esattamente come scrivere una sceneggiatura offre energie da spendere per sfidarsi in una maratona.
Correre rischi permette di abbattere i confini che ci eravamo auto imposti e di generare l’energia di cui abbiamo bisogno per continuare a inseguire il nostro sogno.
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Se vi interessa seguire il mio personale percorso nato dalla lettura di La via dell’artista di Julia Cameron, vi rimando a questa pagina dove potete trovare tutti gli articoli che ho scritto sull’argomento: consultandoli, potete ripercorrere la via fin dall’inizio. E farla vostra.
Lunedì prossimo si parta dell’ultimo passaggio per divenire sempre più ricettivi: quello di accettare l’invidia. Anzi, di imparare a farne buon uso.
Non conosco Toro scatenato, ma “Quindi fallo. Se vinci, vinci. E se perdi, vinci.” mi piace molto. Grazie!
Ah, devo proprio fartelo vedere!
Dovrei proprio correre il rischio.
Tra l’altro Toro Scatenato è uno dei miei film preferiti.
Un bacio, meravigliosa Grace!
Io adoro il pugilato. E grazie.