Mancarsi di Diego de Silva

CHE COSA E’ L’AMORE?Recensione Libro Mancarsi di Diego de Silva Einaudi

 

Nella storia perfetta di Diego de Silva, Mancarsi, l’amore è un incontro che potrebbe non realizzarsi mai.

Un’attesa che cerca soddisfazione e che intanto si cala nella vita, analizzandola, assaporandola.

E proprio quando sembra avvenire, questo incontro, quando l’attesa si avvicina alla sua conclusione, la penna dell’autore si ferma: perché la vita, alla fine, è il miglior sceneggiatore del mondo.

Toni intimi, ironia soffusa, analisi psicologica spietata, in poche pagine Mancarsi dà una forma narrativa all’idea che l’amore sia in attesa di qualcuno che c’è, ma che rischi di non incontrare mai. E tutto parte da un momento di cui difficilmente si riesce a riconoscerne l’importanza, lì per lì, quello in cui la perdita si trasforma in patrimonio e diventa ciò che ci modella, e che modella il nostro futuro.

I protagonisti di questo lungo racconto, opera di un autore che solitamente scrive d’altro, si chiamano Irene e Nicola. La loro storia d’amore (perché è questo che sarà) mi ha ricordato alcune riflessioni di John Steinbeck: passatemi, vi prego, quello che molti leggeranno come un azzardo, ma che per me è trasparente come acqua.

C’è un romanzo di Steinbeck che amo molto, La valle dell’Eden: in questo romanzo, che lui stesso ha definito il suo requiem, il romanzo in cui ha distillato la sua vita, a un certo punto stacca dalla narrazione e fa una lunga riflessione sul valore del tempo. E’ quasi all’inizio, da quello che ricordo – che poi della storia narrata ricordo ben poco, questa parte me la ero ricopiata su uno dei miei quaderni, o su un diario, al liceo, ecco perché non ne ho più perso il senso.

Non ricordo le parole esatte, ma possono essere più o meno queste: nella vita il tempo ha durate differenti a seconda di come viviamo, di cosa viviamo.

Ci sono tempi senza reale durata, tempi noiosi, senza avvenimenti e senza emozioni. Sono quelli in cui ci lasciamo attraversare dalla vita. E ci sono tempi che sembrano fissati a noi, alla nostra pelle, a ogni cellula del nostro cervello, con ostinazione e perseveranza. Sono quelli in cui guardiamo la vita, la afferriamo e la tratteniamo, almeno per un po’.

La durata del tempo si misura con gli avvenimenti, i fatti, i cambiamenti, le svolte, quelli che sono come pali infilati nel terreno del tempo e a cui il tempo si appende: in questo modo, a seconda di quanto è lungo il tempo tra un evento e un altro, è possibile misurare il tempo stesso.

Una vita senza eventi non è misurabile.

Ora, la storia di Irene e Nicola raccontata da Diego de Siva mi ha ricordato questa riflessione e il fatto che ho sempre pensato che Steinbeck avesse ragione: se non infili un palo nuovo nel terreno rischi di lasciarti attraversare dalla vita e di ritrovarti, alla fine, con un deserto, davanti e dietro.

Irene, per evitare il deserto, ad un certo punto prende una scelta drastica: lascia il marito.

Nicola viene preservato dal deserto da un evento fortuito, una vedovanza anzitempo.

Entrambi pensano a come vorrebbero fosse la loro vita, quella nuova, quella che cercano, accomunati da un senso di mancanza, dall’assenza dell’amore: entrambi girano nelle stanze dell’altro senza saperlo, non si conoscono ma è come se si conoscessero da sempre.

L’autore ferma la sua penna proprio il momento prima del loro incontro, un secondo prima che i loro sguardi si incrocino: quello che verrà dopo può essere scritto dal lettore, se lo desidera, seguendo le emozioni del momento.

Ed è quello che ho fatto. Giunta all’ultima riga di questa storia, breve e intensa, ho scritto le prime righe di quello che vorrei ci fosse dopo e che ho immaginato girare attorno a una conversazione molto romantica – che poi è questa l’atmosfera che avvolge fino alla fine i personaggi e chi li osserva, un’atmosfera romantica.

I miei Irene e Nicola non abbassano la testa, non fanno finta di niente: no, loro accettano di avere finito l’attesa, e si raccontano in una conversazione che ha il sapore della scoperta.

Dentro di te c’è un mondo che mi sembra di conoscere da sempre anche se non ho mai potuto esplorarlo veramente. L’ho immaginato, nella mia mente ne ho girato le stanze con curiosità e stupore, arredandole, alla fine, come volevo io. Ora che posso esplorarlo davvero, questo mondo, ci trovo una lampada che è molto più bella di quella che ci avevo messo io, tappeti morbidi di cui non avevo sospettato l’esistenza e il calore, una temperatura piacevole, un’accoglienza da cinque stelle lusso e una sensazione di trovarmi a casa mai provata prima. Il tuo passato adesso ti sembra un deserto perché le emozioni che proviamo insieme stanno sfocando il resto, distribuendo sabbia e opacizzando tutto, ma so che sia nel tuo passato che nel mio ci sono state anche cose belle. Non così belle, forse, ma da non calpestare.

***

E questo post scriptum è solo per me, per ricordarmi, quando mi rileggerò in futuro, che questo è il trecentesimo post scritto e pubblicato su ToWriteDown: mi piace raggiungere traguardi piccoli e banali, come un certo numero di pensieri, una quantità di parole, un tempo composto da un’abbondanza di secondi che fanno minuti e che diventano ore. Temo serva a tenere sotto controllo la mia vita, ma non dovrebbe avere pesanti controindicazioni.

6 pensieri su “Mancarsi di Diego de Silva

  1. Hai la capacità di farmi provare il desiderio di leggere libri che di solito snobbo. E il tuo post scriptum è bellissimo.
    Buon trecentesimo post, buon trecentesimo pensiero, buon tempo vissuto!

  2. Io leggo le tue parole e subito penso che potrei averle scritte io. Tutto questo profuma un po’ di magia, non trovi anche tu?
    Sono caduta nelle pagine di questo piccolo libro e ho incontrato tante anime che conosco. poche manciate di parole che hanno il dono di grattarti via dall’anima tutte le parole che tieni per te e che regali raramente.

  3. Credo di aver letto tutti i libri di De Silva, o almeno, tutti quelli che ho trovato in libreria! Sarà che parla dei miei lontani luoghi natii, ma io quell’uomo lo ADORO! E bel post, by the way.

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