Un tranquillo pomeriggio domenicale, io e mio figlio, una pletora di dinosauri, una cucina Ikea allestita a Grand Hotel con aragoste in casseruola, una scatola piena di macchinine e mezzi di trasporto, una borsa del dottore, due spade.
Ovvero: come inventare storie insieme ad un bambino.
– Facciamo che tu eri la mamma dei dinosauri e facciamo che poi eri moruta.
– Va bene, Pietro, io faccio la mamma (che novità!), ma la faccio viva, non morta.
– No, non si può.
– Perchè non si può, luce dei miei occhi?
– Perché se non sei moruta non ti possono mangiare.
– Non possiamo giocare con i dinosauri erbivori?
– No, i bigoli, vedi, li abbiamo messi qui, vicino agli alberi, e stanno già mangiando.
– Non possiamo dargli da mangiare altro, a questi dinosauri carnivori?
– Mamma, sono piccoli, devono crescere. Non possono mangiare aragoste per sempre – sospira lui, scolando due aragoste di plastica in attesa della mia morte.
***
– Facciamo che tu usavi queste automobili, queste piccole, e io Mac di Saetta e questa moto qui.
Così dicendo mi piazza tra le mani due mini macchinine, una gialla e una rossa, mentre sceglie per sè una moto Ducati telecomandata e il camion di Cars, quello fatto con i lego, che ogni tre per due va rimesso a posto.
Non faccio in tempo a mettere le mie macchine sul tappeto che già il Mac e la Ducati le hanno travolte, facendole volare contro il divano.
– Mamma, c’è stato un incidente, presto! – e corre a prendere il camion dei pompieri e la borsa del dottore. – Presto, presto! Ninoninoninonino…
Assisto all’attività di soccorso dei pompieri che sono anche un po’ dottori e fanno delle iniezioni di non so cosa alle mie macchinine. L’attività è frenetica, prima si interviene sulla rossa, poi sulla gialla.
– E niente, mamma, non ce l’hai fatta, sei già moruta – dice Pietro da dietro la mascherina, riponendo la siringa un po’ scocciato.
***
– Tieni mamma, prendi questa spada – dice Pietro porgendomi una spada di gommapiuma. – Facciamo che io ero Peter Pan e tu Capitan Uncino – e prende per sè una spada da moschettiere, rimasuglio di carnevale.
– Va bene, amore mio, cosa devo fare?
– E niente, mamma, tra poco sarai moruta e i coccodilli ti mangeranno.
– Guarda che io so difendermi! – e avanzo con la mia spada di gommapiuma.
– Non è colpa mia mamma – dice tirandomi addosso la spada da moschettiere. – E’ che Capitan Uncino è sempre moruto, sennò i coccodilli cosa mangiano?
Sono cibo per animali, qualche volta vittima di incidenti stradali, fondamentalmente personaggio di storie non a lieto fine.
(l’immagine riproduce l’opera dell’artista statunitense Aaron Jasinski
che potete seguire qui: http://jasinskiart.tumblr.com/)
Inquietante!!!
Oppure e’ il suo modo per sdrammatizzare una paura?!!
Comunque ha una logica perfetta.
Ecco, devo ancora interpretare. Effettivamente potrebbe essere un modo per esorcizzare la paura di perdermi, anche se non sembrerebbe, vedendolo giocare.
Grazie per la riflessione 🙂
A Napoli ti direi: ammen. Pero`, se preferisci il requiem, sono pronta!
Mi tengo ammen, dai…
Ma che ridere! La logica non fa una piega 😂😂😂. Comunque se può consolarti, resti sempre un personaggio chiave delle storie! Lo adoro!!
Sì sì, la protagonista 😉