INCONTRI CON L’ARTISTA #2
E quasi sul photofinish sono riuscita a ritagliarmi un pomeriggio alla mostra milanese dedicata a Picasso, quella resa possibile grazie ai lavori di restauro in corso al Musée National Picasso di Parigi.
La mostra, grazie a una recentissima proroga, chiude i battenti il prossimo 27 gennaio: portateci i vostri bambini, lo capiranno.
Perché lui, Picasso, è quello che ha detto: a quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino.
Si tratta della terza mostra di Picasso realizzata a Milano, dopo quella, storica del 1953 (bellissimi i manifesti che la pubblicizzarono all’epoca!) e dopo quella del 2001.
Nel 1953 Picasso era in vita: in quell’occasione fu direttamente lui a selezionare le opere da inserire nel percorso della mostra. Pretese (e ottenne) l’utilizzo della Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale per la sua opera più sofferta, importante, significativa: Guernica.
Erano trascorsi solo pochi anni dai fatti che l’avevano ispirata e Picasso volle porla, simbolo nel simbolo, nel cuore della Milano ferita, in quella Sala delle Cariatidi ferocemente bombardata, irrimediabilmente danneggiata, quasi a monito per i visitatori delle conseguenze della guerra, di tutte le guerre.
Guernica non appartiene al Museo Picasso di Parigi e pertanto è assente nella rassegna di Milano: ma c’è il suo ricordo nella stessa Sala delle Cariatidi, con immagini, lettere e carteggi originali.
L’esposizione milanese ripercorre l’evoluzione dell’opera picassiana dal 1900 al 1972.
In 250 lavori si attraversano momenti creativi molto diversi tra loro, a testimonianza delle sperimentazioni dell’artista e anche della sua appassionata vita sentimentale.
Le donne della sua vita scandiscono i momenti della sua arte: sono sempre muse ispiratrici e ogni relazione è vissuta a fondo, senza sconti: Fernande, Olga la prima moglie, l’amante bambina Marie-Thérèse, Dora Maar, Françoise, l’ultimo fuoco Jacqueline.
Per tutte loro una vita sotto i riflettori con un uomo capace di grandi passioni come di profonde bassezze.
Romano Giacchetti, in un articolo apparso il 9 giugno 1988 su La Repubblica, recensendo la fortunata biografia Picasso: Creator and Destroyer di Arianna Stassinopoulos Huffington, scrive: La prima moglie del pittore, Olga Koklova, perse il senno. La sua amante più bella, Dora Maar, Picasso la riempì talmente di botte che impazzì anche lei. La diciassettenne Marie-Thérèse Walter si impiccò. Jacqueline Roque, la seconda moglie, morì suicida con un colpo di pistola. Il figlio Paulo, drogato e alcolizzato, morì a cinquant’ anni di cirrosi. Il nipote Pablito morì per avere ingerito il contenuto di una bottiglia di candeggina il giorno del funerale del nonno… Insomma, Pablo Picasso distruggeva chiunque entrasse nella sua orbita di Minotauro.
Mica male come sintesi.
Comunque un libro per riconciliarsi con Picasso uomo c’è: Il bambino che morse Picasso di Antony Penrose, edito da Gallucci. L’autore, figlio di artisti, è cresciuto in una casa frequentata da personaggi che hanno fatto la storia dell’arte come Joan Mirò, Henry Moore, Man Ray e Pablo Picasso.
Mi chiamo Tony.
Da piccolo vivevo in una fattoria nel Sussex, in
Inghilterra, e avevo un amico fuori dal comune.
Aveva due occhi neri e profondi, un grande sorriso e mani meravigliose.
Erano davvero meravigliose perché riuscivano a fare disegni e quadri e sculture e collage e vasi e piatti e mille altre cose.
Il mio amico si chiamava Pablo Picasso ed è stato uno dei più grandi artisti mai esistiti
Per riconciliarsi con Picasso uomo, quindi, basta guardarlo con gli occhi di un bambino.
Ho visitato questa mostra qualche tempo fa e l’ho trovata davvero ben fatta; forse avrei diminuito un tantino il numero di sale “introduttive”… un paio di volte mi sono trovata a chiedermi quando sarebbero arrivati i quadri. ^^
È vero, una intro un po’ lunga 😉
Auguri per l’anno nuovo!
Non ho mai amato molto Picasso, a dir la verità. Confido con il libro che consigli. Magari prima o poi lo leggerò…