LA PLAYLIST DEL PASSATO COMPOSTA DA FRANCESCO GUCCINI
Sono cresciuta fra la Via Emilia e il West, devo averlo già raccontato.
E nel mio repertorio di musica di piccola donna c’è anche lui, Francesco Guccini. Che non è solo cantante, io perchè canto so imbarcare, io falso, io vero, io genio, io cretino: è cantastorie, e pertanto anche scrittore.
Tra i mie pacchetti di Natale c’era anche il suo Dizionario delle cose perdute, edito da Mondadori nella collana Libellule.
Quali sono le cose che abbiamo perduto? O meglio, quali sono le cose perdute dai nostri genitori?
Perché l’età è quella (e Guccini è nato solo tre giorni e pochi chilometri prima, andando verso ovest, di mia madre).
Quindi quali sono? Se come me avete quarant’anni o giù di lì credo che possiamo avere in comune diversi monologhi genitoriali su temi quali le balere, la naia, i giochi di cortile fatti con poco, dai tappi a corona ai legnetti, i calzoni corti anche in pieno inverno, la carta moschicida, la Topolino, il cinema in cui pioveva, il flit.
Tutti temi che Guccini mette nel suo Dizionario come ricordi preziosi: senza nostalgia, senza retorica, con la sua solita vena ironica e con una scrittura semplice ma ricca di dettagli, dalla parlata dialettale ai tempi lenti della provincia, con curiosità e, lasciatemelo dire, con una sorta di tenerezza.
I temi di cui parla Guccini sono davvero lontani, difficile trovarne traccia anche nei paesini dell’Appennino più chiusi: sono però ben presenti nel mio lessico famigliare, quello che amo conservare vivo nella memoria.
Il capitolo dedicato ai balli, ai luoghi dove i giovani si ritrovavano negli anni Cinquanta e Sessanta (dalle balere alle case private) ricrea in poche pagine l’atmosfera magica che tante volte ho ascoltato dalla voce sognante di mia madre, che ha conosciuto mio padre proprio in una serata di ballo, in una di quelle in cui i ragazzi si facevano coraggio per chiedere alle ragazze “Balla, signorina?”.
E il capitolo dedicato alla ghiacciaia, il frigorifero della preistoria potremmo dire, mi ha convinta a tornare nella cantina dei miei a rimirare quella specie di cassapanca di legno e marmo che apparteneva a mia nonna, e che per tanti anni ha servito la sua casa di madre di sei figli.
Ecco, io amo Guccini, ma questo libro più che a me doveva essere regalato a loro, ai miei genitori, appunto, che ci avrebbero ritrovato non solo l’atmosfera del loro primo incontro ma anche il ricordo sbiadito di tante abitudini oramai andate.
Quindi è ufficiale: questo è il primo regalo ricevuto a Natale che riciclerò.
Ché riciclare l’ho sempre considerato un gesto di affetto per mettere al posto giusto, con la persona giusta, un dono.
In questo video, disponibile sul sito de’ La Repubblica, Guccini presentava lo scorso marzo il suo Dizionario: tre minuti per condensare la passione e la piccola, lieve, poesia che si ritrova nelle sue pagine. Proprio come libellule.
Questo libro era sul comodino di mio padre l’ultima volta che sono stata “su” dai miei. L’ho sfogliato, mi ha incuriosito, avrei voluto avere il tempo per leggerlo. Leggendo il tuo post, confesso che i miei occhi sono diventati un po’ lucidi…
Mi ha divertita e fatto un po’ di tenerezza, ci ho trovato i racconti dei miei genitori, la loro sensazione di sopravvissuti di un mondo oramai scomparso.
Buona serata
in effetti sono mondi raccontati dai genitori di chi oggi ha quarant’anni.
bella la tua definizione di riciclo. baci
Mia cara,
siamo state cresciute con queste storie, ti ci annovero 😉