Olive Kitteridge di Elizabeth Strout

 

Parlare in una piovosa giornata milanese di un libro che hai letto sotto il sole siciliano ha il suo perché: rende solare anche una mattinata un po’ grigia, la riempie di bei ricordi e la riscalda, per prerararsi ad affrontare il freddo previsto a breve.

Il libro Olive Kitteridge di Elizabeth Strout è uno di quelli che avevo messo nella mia borsa delle vacanze.

Le mie aspettative su questo libro erano molto alte dopo averne sentito parlare bene e averne letto recensioni entusiastiche: la lettura mi ha confermato la bravura di Elizabeth Strout, che con questo romanzo ha vinto il prestigioso Premio Pulitzer nel 2009 e l’anno successivo l’italiano Premio Bancarella.

Sulla qualità della scrittura della Strout credo ci sia ben poco da scrivere rispetto a quando già fatto (per chi vuole approfondire, suggerisco questo articolo di Baricco uscito su Repubblica un anno fa): voglio invece soffermarmi sulla sua scelta di cosa raccontare.

Olive Kitteridge è un romanzo a racconti: i racconti sono quelli della città di Crosby, sulla costa del New England, e i protagonisti sono i suoi abitanti, talvolta voci narranti, talvolta visti da un narratore esterno. Il filo conduttore di tutta la narrazione è lei, Olive, insegnante presso la scuola locale, moglie di Henry il buono, madre di Christopher il timido.  

Lei è una donna, che diventa una donnona con il passare degli anni: una dal carattere difficile, una che dice sempre quello che pensa senza farsi alcun problema, facile alla critica e al tormento. Astiosa, ansiosa, rabbiosa, pronta a piccole violenze domestiche (mentali, per lo più), ma non antipatica: una che da questo ritratto esce a pezzi, ma che alla fine ami.

I racconti che compongono il romanzo sono dodici: in ognuno si fa una piccola o grande scoperta, alcuni sorprendono, altri commuovono, altri suscitano rabbia.

In Farmacia si conosce la storia di Denise, la commessa di Henry, mentre in Marea montante si conosce la storia di Kevin, convinto da una inconsapevole Olive, sua ex insegnate, a non suicidarsi (guarda come vuole vivere, guarda come tiene duro).

Una piccola esplosione è la cronaca personalissima che Olive fa del matrimonio del suo unico figlio Christopher: qui conosciamo alcuni aspetti del suo carattere, aspetti che possono mettere in imbarazzo lo stesso lettore ma che alla fine non la denigrano come potrebbe sembrare. Il racconto continua più avanti, nell’episodio Sicurezza, quando Olive va a New York per conoscere la (seconda) nuova famiglia del figlio.

Poi c’è Fame, la storia di Nina White, adolescenza anoressica che appare e scompare tra gli abitanti di Crosby e che segna un punto di svolta nella vita di Olive, svolta che continua in Una strada diversa e si completa definitivamente in Tulipani.

In Cestino da viaggio si racconta la vedovanza di Marlene Bonney, i ricordi di viaggi progettati e mai fatti con il marito a lungo malato: chi non ha il suo cestino da viaggio? si chiede Marlene. E Olive vorrebbe posare la mano sulla testa di Marlene, ma non è il genere di cose in cui lei è particolarmente abile […] può solo ricordare quando anche lei si sentiva così, abbastanza giovane da raccogliere un sasso e scagliarlo in mare con forza; abbastanza giovane per farlo, per tirare quel maledetto sasso.

E infine, si trova in Fiume un bellissimo epilogo che ha nome e cognome: Jack Kennison, un vecchio orrore, un nuovo amore.

Olive mi ha dato tanto: ripensare alla sua storia, al suo modo di affrontare le persone e le situazioni continua a darmi nuovi spunti di riflessione. Mi fa concentrare su me stessa, su come sono, come sono stata e come vorrei essere – se il piatto di Olive era stato pieno della bontà di Henry e lei lo aveva trovato gravoso, limitandosi a mangiucchiarne qualche briciola alla volta, era perché non sapeva quello che tutti dovrebbero sapere: che sprechiamo inconsciamente un giorno dopo l’altro.

Non potevo chiedere di meglio a un libro, davvero.

Con questo post partecipo all’iniziativa il Venerdì del libro, che vi invito a conoscere.

19 pensieri su “Olive Kitteridge di Elizabeth Strout

  1. Ho questo libro e mi è piaciuto molto. E’ ancora sul mio scaffale (ultimamente presto sempre meno…..) e potrei riaprirlo.
    Grazie per la citazione di Baricco, un bell’articolo.

    alessandra

  2. Come al solito recensisci e mi convinci a leggere, ma la mia pila di libri sul comodino aumenta a dismisura! Per ora sono ancora ostaggio di Middlesex.
    Se passi dal mio blog troverai qualcosa che ti riguarda. Buon week end.

    • Anche io sono sempre in compagnia di Middlesex: è che ultimamaente non riesco a ritagliarmi spazio per la lettura di giorno e la sera sono stanchissima, i miei ritmi sono rallentati parecchio nell’ultimo mese.
      Grazie per il tuo bellissimo post!

  3. L’ho messo sul kindle tempo fa: e continuo solo a leggerne stimoli a trasformare presto il desiderio in atto di lettura. Ho aspettato perché – pur amando i romanzi corali costruiti attraverso la summa di racconti – ne avevo già letti un paio questa estate, e volevo una pausa. Però sarà sicuramente una delle prossime decisioni.

    • Sul mio secondo Kindle (ebbene sì, l’assistenza Amazon me lo ha sostituito!) ho caricato un numero di romanzi, saggi e racconti esagerato… e sto pure leggendo poco!
      Quando arriverai ad Olive sono molto interessata a sapere cosa ne pensi.

  4. l’ho letto anch’io quest’estate e mi ha lasciata perplessa, molto, Un po’ sopravvalutato ma forse sono io a non averlo capito. Anche se è scritto molto bene. Onore alla traduttrice, che è una mia buona conoscente.

    • Mi farebbe davvero piacere parlarne per un confronto, Sandra: sono interessata a capire cosa non ti ha convinta perchè invece a me ha dato davvero tanto. E la scrittura, forse anche grazie ad una buona traduzione, mi ha molto colpita.

  5. Mi era capitato tra le mani al modico prezzo di 3 euro su una bancarella del mercato, ma poi, non so perchè, l’avevo lasciato perdere. Se mi ricapiterà, questa volta lo prenderò. Buona domenica e buona settimana!

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