Il lessico famigliare della mia infanzia prevede alcuni temi emozionali, abitudini ricorrenti, detti e antefatti masticati e ripetuti come un mantra, nonché la celebrazione di alcuni miti. Come quello dell’arte spagnola.
C’entra il fatto che i miei genitori nell’estate del 1965 fecero il loro lungo viaggio di nozze in Spagna: un mese su è giù per la penisola iberica con la cinquecento di mio padre. Sembra che si fermarono solo quando il meccanico che sistemò la loro affaticata automobile li avvisò che a nord non avrebbero trovato pezzi di ricambio Fiat. Anche il meccanico è entrato nel mito.
Tornarono quindi indietro e solo quindici anni dopo riuscirono a completare la vuelta: nel 1980 lasciarono me e mia sorella dai nonni e ripartirono. Ho un ricordo fantastico di quelle settimane estive e tenni anche un diario per poter permettere ai miei di leggere, al loro ritorno, le nostre avventure, le prime da sole.
Ma non è di questo diario che volevo parlare oggi. Miti famigliari, dicevo. La Spagna fu il primo viaggio (in due tempi, tra l’altro) che i miei fecero insieme e il suo ricordo restò nei loro racconti per tanto, tantissimo tempo: il barbiere che tagliò i capelli a mio padre facendolo uscire dal negozio profumatissimo, le tortillas di patate mangiate anche a colazione, le unghie lunghe e rosse di mia madre (che mio nonno non le avrebbe mai permesso di portare), i conti del viaggio tenuti ogni sera per capire quanto potevano stare ancora in giro.
E poi, ovviamente, la descrizione dettagliata delle opere d’arte visitate: quando a vent’anni feci anche io il giro della Spagna con uno zaino e un biglietto Inter Rail sapevo esattamente cosa volevo vedere e dove trovare ogni opera.
Che a Madrid potevo ammirare Las Meninas di Velazquez e Guernica di Picasso, che per vedere La Sepoltura del conte di Orgaz di El Greco dovevo spostarmi fino a Toledo, che prima di visitare a Barcellona gli edifici progettati da Gaudì (tra le quali la famigerata SagraTa FamiGlia) dovevo fermarmi a Figueres (quando fecero il secondo viaggio il Museo Dalì aveva aperto i battenti da pochi anni e questo paese dal nome così equivoco entrò nei nostri discorsi), che dovevo arrivare fino a Granada per visitare l’Alhambra lo so da sempre: queste informazioni mi sono state passate con il latte e la pastasciutta, fanno parte del lessico famigliare che mi ha cresciuta.
E quando mio padre voleva prendere in giro mia madre le diceva che assomigliava alla Maya del Goya: mia madre si schermiva, con i suoi fianchi larghi e il seno abbondante era decisamente fuori misura per i canoni di bellezza in vigore da trent’anni fa ad oggi.
Io la difendevo, la mia mamma, che ai miei occhi è sempre stata comunque bellissima, fianchi larghi e seno prosperoso compreso: i suoi occhi verdi, i capelli rossi, la bianca pelle lentigginosa e il sorriso sempre pronto l’hanno sempre resa unica.
Ma questo mio padre lo ha sempre saputo. Devo chiedergli se è d’accordo, lui amante dell’arte, con il pensiero di Bruno Munari espresso in Arte come mestiere:
Se volete poi sapere qualcosa di più sulla bellezza, che cos’è esattamente, consultate una storia dell’arte e vedrete che ogni epoca ha le sue veneri e che queste veneri (o apolli) messi assieme e confrontati, fuori dalle loro epoche, sono una famiglia di mostri. Non è bello quello che è bello, disse il rospo alla rospa, ma è bello quello che piace.
Come mito familiare mi sembra magnifico! Credo che non molti potrebbero vantarne uno altrettanto affascinante…
Grazie Palmy, è vero, ora è qualcosa di molto caro e a suo modo affascinante: ma da piccola e da adolescente questo e altri temi ricorrenti mi risultavano insopportabili.
Come si cambia!
molto bello. io come mito familiare ho che mi dicevano che tutto ciò che c’era nei musei, in quanto pubblico, era mio 😀
Hai cercato di portarti a casa qualcosa? 😉
Buona giornata
Che bello avere tanti ricordi, riempie il cuore….
Anche a casa mia c’è sempre stato un “lessico familiare” che vive ancora…a volte anche i nipotini dicono “come diceva nonna Matilde”….che poi era la “mia” nonna……
E’ vero, Fausta, soprattutto è bello avere ricordi legati alle persone, è un modo per averle sempre vicine.
Il mio mito familiare è la Bretagna!
Lì, con i miei genitori, ho fatto il mio primo viaggio all’estero, poi ci siamo tornati un altro paio di volte. Lì ogni tanto avremmo voglia di tornare, di corsa.
Sono certa che tra qualche anno tornerò, ma stavolta con mio marito e mio figlio. Chissà che non sia la continuazione di un mito familiare!
Devi farlo! Tuo figlio così potrà conservare la tradizione 🙂
Che bello questo post intriso di ricordi ed affetto …
Quanto al mio mito familiare ci dovrei pensare!
Curiosa di conoscerlo!
Letto, finalmente! Incredibile quanto siano diversi i ricordi di due fratelli… Dovrò tenerlo presente per Nic e Meo.
(bellissima la SagraTa FamiGlia!)
Di queste ne ho una serie. Dai ti lascio qui due chicche: Inciclopedia e Mbecille. Le ricordi?
Imbecille con la B maiuscola!