In questi giorni faccio molto fatica a scrivere.
Non è stato un problema il rientro in Italia, l’immersione nella quotidianità che sono presto tornata ad apprezzare: è che sapere che a poche centinaia di chilometri, nella mia regione, si soffre e si ha paura, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo di questi lunghissimi giorni, mi paralizza i pensieri.
Perchè, e non mi si dica che sono di parte, è davvero un colpo mancino al cuore dell’Italia vivace, laboriosa, fiduciosa, creativa, godereccia e imprenditoriale, simbolo di una qualità della vita dignitosa, di una partecipazione attiva alla vita collettiva, di un buonumore contagioso: la perdita dell’ottimismo emiliano sarebbe un ulteriore impoverimento.
Ok, sono di parte, ma la mia opinione resta questa e il dolore non si attenua: e non mi si dica un’altra volta che essere dell’ultimaprovincia non vale, perchè l’anima, la mia anima, resta emiliana.
E’ per questo che oggi torno la ragazza che ha lasciato la campagna per la città, per cause di forza maggiore: il racconto, scritto diversi anni fa, è dedicato alla mia nonna paterna, quella tutta d’un pezzo, quella che scodellava figli come conigli e restava in piedi, qualunque cosa succedesse. Una donna emiliana. Continua a leggere